Pillole di araldica, ANNO I - n° 1

20.04.2014 11:27
ANNO I n° 1

Pillole di araldica

a cura di Sara Doglioli

 

 

 

 

L'araldica è un fenomeno nato in Europa e che è ancora molto in uso,nonostante siano passati all’incirca ottocento anni dalla sua istituzione.Essa è ancora in vita non solo nel nostro ma anche negli altri continenti, dove è stata introdotta tramite migrazioni e colonizzazioni europee. Originariamente era un mezzo di identificazione per le classi guerriere, successivamente lo scudo araldico cominciò ad essere utilizzato sui sigilli che servivano ad autenticare documenti importanti, infine, la pratica di usare simboli araldici come riconoscimento, si diffuse tra i cittadini, i governi municipali, corporazioni di artigiani e anche la Chiesa. Gradualmente le armi divennero ereditarie e cominciò l'uso di mostrarne i simboli pubblicamente.

Dopo la loro scomparsa dal campo di battaglia, vissero profondamente radicati nella cultura e nelle tradizioni della società europea. E’ attraverso i tornei medioevali negli ultimi decenni del XII secolo, nel quale i cavalieri provavano la loro abilità in battaglia, che noi incontriamo le figure degli araldi. Essi radunavano i combattenti, li annunciavano quando entravano in campo e finalmente proclamavano il vincitore del torneo. Per cui gli araldi dovevano essere ben informati su tutti i simboli araldici che potevano essere presenti in tale evento, dal momento che il volto del partecipante veniva celato dal suo elmo. Non dovrebbe stupire che gli araldi compilassero elenchi figurati di tutte le armi che comparivano in tali occasioni e che raccogliessero i simboli araldici dei Principi, dei Sovrani e dei loro Vassalli.Gli araldi erano al servizio di Re e Principi, e a volte venivano anche assunti da società organizzatrici di tornei, da città, e alcune volte perfino da semplici cavalieri.

      

Erano impiegati come messaggeri ufficiali in pace e in guerra avevano diritto all'immunità degli ambasciatori. Esistevano tre gradi di araldo: gli anziani chiamati "Re d'Armi", gli araldi "effettivi" e gli aspiranti all'ufficio di araldo chiamati "attendenti".

 

 

 

 

 

Sia lo scudo che l'elmo appartenevano alla parte difensiva

dell'equipaggiamento di un guerriero medievale, ed entrambi

erano adatti per essere decorati. Questo era necessario

perché, vestito dell'armatura, un cavaliere diventava irriconoscibile

sia per gli amici che per i nemici, quindi particolari accorgimenti

erano utili per distinguere un cavaliere da un altro.

 

Gli emblemi disegnati sullo scudo erano anche usati sulle bandiere,

dovevano essere semplici e chiari, con colori forti e contrastanti,

così potevano essere riconosciuti ad una distanza di almeno 250 m.

 

 

 

 

Codice Manesse, Walther von Klingen.

 

 

Il termine “simbolo araldico” indica l’insieme di scudo con elmo, cimiero e svolazzi.

Esso deriva dalla sopravveste dei cavaliere, portata sopra l’armatura, su cui le insegne

del suo scudo erano ripetute. Lo scudo è l'unica parte indispensabile di un simbolo

araldico: può essere usato da solo senza l’elmo, il cimiero o ogni altro elemento araldico.

Vi sono un grande numero di armi che non hanno un elmo, per esempio la maggior parte

delle armi civiche, nelle armi femminili, e, in tempi più moderni, gli ecclesiastici cattolici

romani hanno rinunciato all'elmo utilizzando soltanto accessori ecclesiastici con le loro armi.

 

 

 

 

 

 

 

 

William Bruges, the first Garter King of Arms,

appointed 5th January 1420.

 

 

L’araldica odierna è  la scienza del blasone, cioè lo studio degli stemmi. In altre parole, è quel settore del sapere che ha lo scopo di individuare, riconoscere, descrivere e catalogare gli elementi grafici utilizzati, nel loro insieme, per identificare in modo certo una persona, una famiglia, un gruppo di persone o una istituzione. 

Nel tempo, il sistema araldico, che in origine era praticato senza alcuna normativa, passò all'adozione di un metodo di catalogazione e alla creazione di tecniche di trasmissione che fossero applicabili ed efficienti in tempi in cui esistevano solo disegni e pitture.

Gli elementi da considerare erano:

  • La standardizzazione del supporto su cui rappresentare i simboli, la cui soluzione fu risolta dall’adozione dello scudo;

  • La necessità di evitare l'uso di colori simili con significati diversi, che portò all'uso di pochi colori ben distinti ed assolutamente non confondibili tra loro, i cosiddetti colori araldici, cui si aggiungevano solo i colori della superficie metallica dello scudo; poco dopo a questi si aggiunsero le pellicce che presero origine dall'uso di decorare lo scudo con strisce di pelliccia animale;

  • L’utilità di avere di descrizioni che fossero semplici, univoche, sintetiche che potessero essere di facile riproduzione e diffusione nel mondo degli araldi;

  • L’opportunità che i simboli individuali rimanessero inalterati nel tempo e fossero perciò utilizzabili come strumenti di identificazione al pari dei nomi.


 

 

Stemma della famiglia Favara Verderame

 

 

 

L'evoluzione accennata, portò all’istituzione, da parte dei vari Sovrani, di Collegi Araldici, che assunsero il compito di catalogare tutti gli stemmi esistenti nella struttura sociale cui appartenevano, di regolarne l'uso, di concederne ed autorizzarne di nuovi, adottando una serie di regole alquanto rigide ma diffuse ed accettate praticamente su tutto il territorio continentale europeo.


 


 

Bibliografia


 

Manno, Antonio: Vocabolario Araldico Ufficiale, Libreria Romana, 1991

Spreti, Vittorio: Enciclopedia Storico-Nobiliare Italiana, 1928-1936

Guelfi Camaiani, Piero: Dizionario Araldico, Cisalpino - Goliardica, 1982, Manuali Hoepli

Volborth (von), Carl-Alexander: Usi, regole e stili in Araldica, Melita, 1992

Arthur Charles Fox-Davies, A Complete Guide To Heraldry, London, T. C. & E. C. JACK, 1909


 


 

 

 

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